Pubblicazione immagini non autorizzate: cosa dice la legge

Pubblicazione immagini non autorizzate: cosa dice la legge

7 Maggio 2019 0 Di gnius

In un mondo dominato da Internet,  in cui a farla da padrone sono i social network e i reati informatici contro la persona prendono sempre più piede, una questione molto dibattuta riguarda l’utilizzo e la pubblicazione di immagini non autorizzate.
Una tematica, questa, che non riguarda solo i professionisti del settore (fotografi, social media manager ecc.): chiunque utilizzi un profilo social, anche per scopi privati, dovrebbe fare molta attenzione alle immagini che pubblica. Soprattutto quando, quelle immagini, ritraggono volti riconoscibili di persone terze.

Pubblicazione immagini non autorizzate

In genere, tuttavia, i più non se ne curano: presi dall’entusiasmo del momento, pubblicano su Facebook, Instagram & co. foto di eventi, feste e di avvenimenti vari senza considerare che – quelle immagini – potrebbero ledere la privacy altrui. E poca importa, se le persone vengono taggate o meno: il semplice fatto di pubblicare il loro volto è un’azione che richiede un’autorizzazione.

La legge, infatti, non ammette ignoranza: la pubblicazione di immagini e video altrui è possibile solo qualora le persone ritratte abbiano precedentemente dato il loro consenso.

Che si vada a pubblicare su un profilo social, come su un sito web.

Quando l’autorizzazione non serve e cosa dice la legge

A disciplinare l’utilizzo delle immagini altrui è l’articolo 10 del Codice Civile, che così recita: qualora l’immagine di una persona o dei genitori, del coniuge o dei figli sia stata esposta o pubblicata fuori dei casi in cui l’esposizione o la pubblicazione è dalla legge consentita, ovvero con pregiudizio al decoro o alla reputazione della persona stessa o dei detti congiunti, l’autorità giudiziaria, su richiesta dell’interessato, può disporre che cessi l’abuso, salvo il risarcimento dei danni.

Tale normativa va ricondotta agli articoli 96-97 della Legge sul Diritto d’Autore, che impediscono che l’immagine di una persona venga esposta, pubblicata o messa in commercio senza il suo consenso, e che permettono invece la riproduzione quando la fotografia in questione ritrae un personaggio pubblico; è motivata da scopi scientifici, di giustizia o di polizia, didattici o culturali; o è collegata a fatti, avvenimenti o cerimonie di interesse pubblico oppure svoltisi in pubblico.
Questo, a patto che non si rechi pregiudizio all’onore, alla reputazione e al decoro della persona ritratta.

Ecco dunque che delle eccezioni ci sono. In particolare, è consentita la pubblicazione senza consenso quando:
la persona è nota al pubblico (attore, cantante) o ricopre un ufficio pubblico (politico) l’immagine si riferisce a fatti, avvenimenti o cerimonie avvenute in pubblico, purché fotografie e video riguardino l’evento generale e non una persona specifica Delicata è la questione minori.

Per pubblicare la foto di un minorenne, infatti, è sempre necessaria l’autorizzazione di un genitore o di chi ne esercita la patria potestà.
Cosa succede, dunque, in caso di scuole e asili che sempre più spesso hanno profili social?

Anche in questo caso, serve il previo consenso scritto dei genitori dell’alunno; consenso, questo, che non può essere generico o dato una volta per tutti, ma deve invece indicare chiaramente finalità e  modalità della pubblicazione. Inoltre, la scuola deve garantire il diritto dei genitori a richiedere che un’immagine o un video vengano immediatamente rimossi qualora ritraggano il figlio minorenne e loro non siano d’accordo. Anche in caso le immagini riguardino eventi collettivi (come una foto di classe) o eventi come recite e feste, il consenso scritto è necessario in quanto non si tratta di eventi pubblici ma di attività didattiche rivolte ad un pubblico limitato. Se invece il volto del minore non è riconoscibile, non serve alcun consenso: motivo per cui la prassi vuole la pubblicazione sui social di immagini in cui i minorenni appaiono di spalle, o con volti “oscurati” dall’utilizzo di emoji.

Cosa succede in caso di pubblicazione illecita

Qualora si pubblicasse un’immagine non autorizzata, questo potrebbe essere considerato un illecito trattamento dei dati personali, da punire con sanzioni amministrative (decisamente elevate) sino ad arrivare ad una pena detentiva in caso di ipotesi di reato. A stabilirlo è il Decreto Legislativo 196/2003.

Il soggetto ritratto e pubblicato senza il suo consenso – al di là dei casi espressamente previsti dalla legge – può infatti subire un danno patrimoniale e non patrimoniale.
Il primo è il pregiudizio economico di cui la vittima ha risentito, e di cui può fornire una prova; se il danneggiato non fosse in grado di calcolarne l’ammontare in misura precisa, qualora lo ritenesse opportuno, il giudice potrebbe quantificarlo in maniera equitativa.
Questo perché ogni soggetto ha l’esclusivo diritto sulla sua immagine e su un suo sfruttamento economico; uno sfruttamento non autorizzato da parte di terzi determina l’indebita appropriazione di vantaggi che sarebbero spettati alla vittima.

E, il risarcimento di danni patrimoniali, permette proprio di riappropriarsi di tali vantaggi.
Se però il soggetto non è noto, danni di questo tipo sono difficilmente dimostrabili: a quel punto, potrà far valere il diritto leso, richiedendo un risarcimento pari al compenso che avrebbe chiesto per concedere la pubblicazione della sua immagine.

Se invece chi ha commesso la violazione non ha agito per scopo di lucro, ecco che la vittima può richiedere un risarcimento del danno non patrimoniale.
E cioè quei danni causati dalla violazione della privacy della propria immagine, diritto costituzionalmente rilevante e inviolabile della persona, sebbene non abbia una valenza economica. Se l’immagine o il video pubblicati dovessero inoltre ledere la reputazione altrui, il responsabile dovrà rispondere anche del reato di diffamazione aggravata rischiando così una reclusione da 6 mesi a 3 anni, e una multa fino a 2065 euro se diffusi a mezzo stampa.
Il reato di diffamazione è applicabile anche quando l’immagine rientra nei casi previsti dalla legge oppure quando vi è il consenso dell’interessato, ma lede comunque la sua reputazione; oppure quando le fotografie non sono accompagnate da uno scritto diffamatorio, ma inficiano la dignità personale e l’onore del soggetto nella comunità.

Ecco dunque che, anche quando non lo si fa per scopo di lucro e si vanno magari ad utilizzare le immagini sui propri profili social, è fondamentale assicurarsi di avere l’espresso consenso delle persone ritratte.

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